Andreas Gursky è un fotografo tedesco noto per il suo stile molto peculiare con cui ritrae una personale visione del mondo naturale, artificiale o umano. Un mondo postmoderno e globalizzato. Se da un lato i suoi scatti sono di formato molto grande e di ampio respiro, dall’altro l’artista dimostra una profondissima sensibilità – quasi maniacale – per i piccoli dettagli. Una continua tensione tra macro e micro.
«Ero sopraffatto da quello che vedevo: la complessità dell’immagine, l’accumulo di merci, le macchine, i container. Non ero sicuro che la foto avrebbe funzionato. Mi sono solo sentito costretto a scattarla. Era pura intuizione. Solo quando sono tornato a casa ho capito ciò che avevo. Ho visto immediatamente quel pattern, quella densità pittorica, quell’estetica industriale. Questa immagine è diventata per me un pezzo importante, un punto di svolta.»
Andreas Gursky in un’intervista al Guardian, in riferimento alla fotografia "Porto di Salerno"
La fotografia del 1990 che raffigura il Porto di Salerno costituisce un punto di svolta nel percorso del fotografo e inaugura una riflessione sui concetti di ripetizione, di densità “pittorica”, di pattern visivi. Questa ricerca viene anche incentivata dall’avvento del digitale e della facilità di post produzione.
99 Cent è uno scatto dove si percepisce a pieno la poetica di Gursky. La posizione dell’osservatore è lontana così che si abbia un ampio panorama e una buona visuale. Allo spazio sconfinato si contrappone un susseguirsi disteso di minuscoli dettagli. Ci si sente al tempo stesso avvolti e disorientati in un mondo senza gerarchia, dove ogni elemento sembra allo stesso modo importante.
Anche nello scatto Amazon si percepisce una sensazione quasi alienante di sopraffazione dal particolare, che senza dubbio prevale sulla visione d’insieme, difficile da afferrare senza darsi il tempo per realizzarla. Quello che dovrebbe essere un luogo frenetico e pieno di vita risulta, attraverso l’obiettivo dell’autore e attraverso la sua manipolazione digitale, quasi sospeso nel tempo. Fermo nella sua complessità. Una fotografia che, pezzo dopo pezzo come fosse un puzzle, svela la sua composita identità unitaria.
A prima vista questo scatto, Rhein II, – fun fact: si tratta della fotografia venduta all’asta al prezzo più alto della storia del mondo ($4,3 milioni) – sembra differente dalle altre. Meno concitata, più spoglia, meno affollata. Ma la percezione inizia a cambiare se si concepisce il fiume come un corpo vivente composto da un numero indefinito di piccolissime particelle in movimento. A questo punto la dinamica torna la stessa: ripetizione.